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Protezione civile, diamo dignità e riconoscimento all’area biomedica

Salvatore Medici . 4 Novembre 2018 ARTICOLI SUL CeRVEnE

La prima esperienza di medicina unica legata ad un evento calamitoso e, dunque, alla Protezione civile, risale al 1980 in occasione del terremoto dell’Irpinia. Da allora molti passi sono stati fatti. Franco Barberi, Sottosegretario di Stato alla protezione civile, nel 2001 firmava le linee-guida per l’azione veterinaria nelle emergenze non epidemiche e con decreto ministeriale del 13 febbraio 2001, tra i criteri di massima per i soccorsi sanitari nelle catastrofi, si inseriva la Sanità umana e veterinaria. Di recente nei nuovi LEA del 2017 (Livelli essenziali di assistenza sanitaria), vengono riaffermate le attività relative alla gestione delle emergenze conseguenti a fenomeni naturali o provocati (climatici e nucleari, biologici, chimici, radiologici), evidenziando la partecipazione alla gestione delle emergenze. Nei LEA traspare una visione multidisciplinare e di collegamento con il Sistema complesso di Protezione Civile. Inoltre, nell’obiettivo 2.10 del Piano Nazionale della prevenzione, viene specificato che tra le azioni da mettere in campo nella preparazione e gestione delle emergenze c’è lo svolgimento di almeno un evento esercitativo sulla sicurezza alimentare e sulle malattie animali. Infine, il nuovo codice della protezione civile (decreto legislativo n. 1 del 2 gennaio 2018) prevede esplicitamente le attività di soccorso e assistenza agli animali.

Purtroppo, nonostante i passi avanti compiuti, a settembre abbiamo assistito a una brusca frenata, che rischia di annullare (con una grave omissione) gli sforzi fatti finora nell’ambito della Sanità e della Protezione civile.
In data 28 settembre è stato pubblicato in G.U. un bando di concorso per n. 13 dirigenti della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della protezione civile (DPC). I 13 posti a concorso sono suddivisi in: 8 posti per dirigenti di area “tecnico-operativa” (di cui 3 riservati a candidati interni al DPC) e 5 posti per dirigenti di area tecnico-amministrativa (cdi cui 2 riservati a candidati interni DPC). Per l’area tecnico-operativa sono previsti, nei requisiti, solo cui alcuni titoli di laurea che includono Ingegneria (non tutti gli indirizzi), Geologia (scienze geologiche e scienze della terra), Architettura, Fisica, Rischio ambientale e protezione civile. Chi è in possesso di altre lauree non può accedere al concorso.

Esclusi, dunque, medici, veterinari, farmacisti, biologi e psicologi

Sono esclusi dal bando tutti i titoli di studio dell’area bio-medica (medicina e chirurgia, medicina veterinaria, farmacia, scienze biologiche, psicologia).
La limitazione dell’accesso su base della laurea appare arbitraria, visto che la funzione di protezione civile è esercitata in modo trasversale e non è materia per “specialisti”, riservata a determinati percorsi accademici. L’esclusione delle lauree sanitarie appare doppiamente paradossale per un Dipartimento che prevede e ha sempre previsto sin dalla sua fondazione, un servizio “sanitario” nell’organigramma. Un Dipartimento che è stato guidato, nel recente passato, per oltre 10 anni da un medico, e da numerosi dirigenti di prima e seconda fascia laureati nell’area sanitaria. L’esclusione rappresenta una criticità nel sistema complesso di Protezione civile. La Sanità pubblica non è rappresentata; sanità che nella storia e nel riordino della Protezione civile è invece sempre stata presente. Tale atto rischia di avere una ripercussione operativa sui territori in quanto la Funzione Sanità diventerà solo un’appendice di altre componenti. Assistiamo pertanto a una diminutio, che non sarà percepita dai cittadini come segnale rassicurante e di protezione.
Chiediamo, con la presente, un ripensamento sull’esclusione dell’area biomedica all’interno del concorso e un segnale di condivisione degli sforzi fatti finora.

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