Compito arduo per me scrivere queste poche righe per ricordare un grande uomo come Giuseppe Zamberletti, non so neanche se io sia la persona giusta per farlo. Quando entrai al Dipartimento della Protezione civile, alla fine del 1984, non avevo mai incontrato un Ministro della Repubblica o meglio non ci avevo mai parlato, ma in quel Dipartimento, in fondo “appena nato”, eravamo in pochi e trovarti il Ministro nella tua stanza che chiedeva direttamente all’ultimo dei suoi impiegati (io) informazioni, non era raro. Ecco forse la strada giusta per iniziare è ricordarne l’aspetto più prezioso. La sua umanità.
L’umanità di Zamberletti era fatta soprattutto di semplicità. Nella semplicità con cui si relazionava con tutti con garbo e rispetto, nella semplicità con cui esponeva le sue idee. Anche le idee più complesse ed articolate le dipanava con un linguaggio semplice ed immediato andando sempre dritto al punto. La semplicità delle sue intuizioni, che scaturivano da lucide visioni frutto della sua conoscenza ed esperienza. Riusciva con tutti ad avere un rapporto “personale” anche con chi ricopriva incarichi di basso livello. Ben pochi in quel periodo, di quelli che lavoravamo al Dipartimento, sfuggirono dall’essere coinvolti nella visione di Zamberletti ovvero di poter partecipare a qualcosa di importante, che non c’era e che era tutta da costruire: La Protezione Civile Italiana.
Zamberletti per noi, comunque la pensassimo politicamente, era “credibile”. Non era approdato alla carica di “Ministro per il Coordinamento della Protezione Civile” a caso, quello era il suo Ministero, la sua missione pensato proprio per Zamberletti e credo anche “da” Zamberletti. Ministero che arrivava dopo che nel 1972 aveva ricoperto l’incarico di Sottosegretario all’Interno nei governi presieduti da Aldo Moro e da Giulio Andreotti, con la delega per la Pubblica sicurezza, l’antincendio e protezione civile, il terremoto del 1976 in Friuli dove Zamberletti fu nominato Commissario straordinario per assicurare il coordinamento dei soccorsi. Dopo il 1979 dove come “Commissario straordinario per i profughi” organizza con la Marina militare italiana una incredibile missione di salvataggio di profughi nel Mare della Cina..e dopo soprattutto il 1980, dove a seguito del terremoto abbattutosi sulla Campania e la Basilicata, la sua esperienza di Commissario straordinario si ripete. Era credibile. Il dibattito sulla protezione civile, scaturito già dalla legge 996/1970 (di cui Zamberletti era uno dei firmatari), e che proseguì e superò i terremoti di cui sopra e dopo la vicenda del piccolo Alfredino Rampi passò di forza in “agenda politica”. E così Così nel 1981 verrà incaricato dal presidente della Repubblica, Sandro Pertini, di predisporre, quale Alto Commissario, gli strumenti organizzativi della nuova protezione civile e nel 1982, nominato Ministro per il Coordinamento della Protezione Civile. Come Ministro poteva avvalersi del Dipartimento Nazionale della Protezione civile appena creato con a capo Elveno Pastorelli.
La visione di Zamberletti sulla protezione civile la conosciamo è (per fortuna ) quella che ha disegnato il sistema attuale. Quella “visione sistemica” però si contrapponeva a quella del Ministero dell’Interno che non digeriva l’idea di un Dipartimento che potesse coordinare anche il Ministero dell’Interno stesso sulla materia, e avrebbe preferito in alternativa potenziare lo stesso ministero ed il corpo nazionale dei Vigili del Fuoco. Per un periodo piuttosto lungo questo attrito “controllato” tra le due istituzioni fu gestito veramente da grande politico da Giuseppe Zamberletti.
Molte le intuizioni che furono tradotte in politiche pubbliche concrete. Pensiamo per esempio al “volontariato” Fu proprio un intuizione di Zamberletti quella di porre al centro delle politiche di protezione civile “l’associazione (dovremmo dire più correttamente “l’organizzazione”) di volontariato” piuttosto che il “Volontario” in se. Questo in un ottica di superamento della logica dei “ruolini” delle Prefetture, e nella consapevolezza che attraverso l’organizzazione di volontariato si sarebbero potuti raggiungere diversi obiettivi ,quali una capacità di coordinamento ed impiego migliore e soprattutto creare degli ambiti dove i volontari potessero ricevere equipaggiamento adatto e soprattutto formazione.
Il risultato fu che ci fu un vero e proprio movimento di massa ed il volontariato di protezione civile italiano divenne ed è una colonna portante di tutto il “sistema”. Intuì che non erano le risorse il problema ma il coordinamento e che la protezione civile è una materia complessa e che bisogna attrezzarsi per gestire la complessità. La società era divenuta più complessa e non si poteva più gestire per “amministrazioni” ma bisognava gestire per “funzioni”. La legge 225 /92 fu il vero capolavoro dell’uomo politico : grazie ad un accordo con l’ON Nilde Iotti fu trovato nella legge un controbilanciamento tra il potere del Sindaco, che divenne autorità di protezione civile, ed il potere dello Stato a livello provinciale. Quante altre cose si potrebbero dire ma voglio concludere invece con una considerazione.
Cosa abbiamo perso con la scomparsa di Zamberletti ? Non abbiamo perso solo il Padre fondatore della Protezione Civile ( e quanto è vera questa frase!). Abbiamo perso l’uomo che rappresentava concretamente un faro che nella protezione civile continuava a brillare, una voce attenta, lucida e soprattutto autorevole che ancora veniva ascoltata e seguita. Una voce che aveva ascolto in ogni ambito: popolare e politico. Abbiamo perso un baluardo ed una guida.
Rimane la speranza che quel tanto che ci ha lasciato in eredità sia utilizzato con saggezza.
di Sergio Achille
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