I fatti di questi primi mesi del 2020 ci hanno costretti a prendere coscienza di un problema che, troppo spesso, anche nel recente passato è stato sottovalutato o addirittura irriso, talvolta in maniera folkloristica: un’emergenza di massa o un disastro, per quanto poco frequente, può provocare all’improvviso molte vittime che richiedono cure straordinarie e che non riescono ad essere gestite con le risorse disponibili all’interno dell’area in cui si verifica l’evento. In una tale situazione di crisi, gli ospedali sono il centro della risposta medica ma, purtroppo, la preparazione degli ospedali per tali tipi di emergenze rimane disomogenea e, senza sviluppare un’esperienza significativa, in caso di disastri, soprattutto in caso di attacchi chimici, biologici, nucleari, o di nuove epidemie di malattie infettive, molti ospedali rimangono impreparati. La preparazione ospedaliera per i disastri, quando è stata presa in considerazione, si è storicamente concentrata su una ristretta gamma di potenziali incidenti. Per aumentare la loro preparazione, gli ospedali devono espandere la loro attenzione per includere lo scenario in cui l’ospedale stesso è vittima del disastro e potrebbe non essere in grado di continuare a fornire assistenza e debba evacuare, mettere in quarantena i propri pazienti ed il personale oppure deviare i pazienti in arrivo.
L’obiettivo è quello di preparare l’ospedale attraverso lo sviluppo di sistemi di risposta alle emergenze, la formazione del personale e l’acquisto di attrezzature e materiali in modo che possa continuare a prendersi cura dei suoi pazienti attuali, proteggere il proprio personale e rispondere alle esigenze presentate dal disastro.
La preparazione comporta la valutazione e l’elenco delle attuali risorse ospedaliere e l’attuazione di procedure di backup per qualsiasi potenziale danno a strutture o impianti, perdita di forniture, attrezzature o personale. Gli accordi per sostituire o ricostituire le forniture e il personale devono essere stipulati prima dell’evento. Tutto il personale ospedaliero ha bisogno di orientamento e formazione, comprese semplici linee guida che riguardino il ruolo di ogni dipendente. Le esercitazioni a livello di struttura ospedaliera sono essenziali per rilevare le aree di miglioramento.
Un altro punto da considerare è se l’ospedale debba utilizzare un piano che vada bene per tutti i tipi di crisi o formulare un piano differente per ciascun tipo di emergenza. Quest’ultimo approccio è da considerare pericoloso perché significherebbe una enorme complessità di progettazione ed una grossa difficoltà di applicazione, visto che la realtà raramente si presenta con caratteristiche che corrispondano esattamente ad uno specifico criterio di classificazione e solo a quello; i pianificatori devono piuttosto implementare un quadro di base sulla quale innestare dei semplici moduli specifici per le varie situazioni, in modo che la struttura sia in grado di gestire qualsiasi tipo di disastro. Tra l’altro, questo concetto è già da diverso tempo alla base del Metodo Augustus che si trova alle basi della nostra protezione Civile: “Il valore della pianificazione diminuisce con la complessità dello stato delle cose”. Con cui l’imperatore Ottaviano Au- gusto coglieva l’essenza dei concetti che oggi indi- rizzano la moderna pianificazione di emergenza che si impernia proprio su semplicità e flessibilità. In sostanza: non si può pianificare nei minimi particolari, perché l’evento – per quanto previsto sulla carta – al suo “esplodere” è sempre diverso.
In conclusione, indipendentemente dalla causa del- la crisi, gli ospedali devono essere pronti 24 ore su 24, ogni giorno dell’anno, ad accogliere un afflusso improvviso di pazienti, garantendo l’accettazione contemporanea di un elevato numero di pazienti e l’erogazione di trattamenti il più qualificati possibile ed appropriati alla gravità delle lesioni.
Anche se l’ospedale è il punto di arrivo delle vittime, non dovrebbe stare come una cattedrale nel deserto: il piano ospedaliero dovrebbe essere un documento vivo, che deve essere rivisto e adattato ai cambiamenti. Con questi principi in mente è stato predisposto il PEIMAF (Piano di Emergenza Interno per Massiccio Afflusso di Feriti) dell’AUSL di Bologna, dopo che già dagli anni ’90 la Regione Emilia- Romagna aveva scelto di fare proprie le direttive suggerite nella stesura dell’Hospital Emergency Incident Command System. Il piano si basa sulla mappatura delle risorse di ogni singolo ospedale, nella definizione del ruolo di ciascuno stabilimento all’interno di una rete che possa riequilibrare un sovraccarico improvviso di pazienti, sulla individuazione dei ruoli da assegnare ai vari operatori che sono sempre presenti in ospedale (facendo riferimento alla situazione più critica, cioè il turno notturno), sulla individuazione degli spazi in cui riorganizzare l’attività di accettazione e trattamento, sulla predisposizione di protocolli o linee-guida per orientare il trattamento e la valutazione clinica con lo scopo di mantenere buoni standard di gestione clinica sia pure selezionando tecniche e manovre essenziali. La predisposizione del piano è stata accompagnata da uno specifico percorso formativo e si è conclusa per ogni stabilimento con una simulazione “table top”utilizzando il metodo Emergo Train System® ed una simulazione “full scale”.
Stefano Badiali – Medico
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