di Carlo Ambrosio
Ancora non è passata del tutto la tragica pandemia da Covid che ci ha immersi in un mondo immaginato solamente nei film di fantascienza, che ci ha sottratto le abitudini più care della quotidianità fatta di contatti personali, di ricorrenze da festeggiare, di piacere sincero nello scambiarsi una stretta di mano, spingendoci con violenza a ripiegare su noi stessi e proiettando l’intera collettività verso nuove forme di vivere comune (video telefonate fra parenti, lezioni scolastiche da remoto, conferenze di lavoro on-line ecc) i cui effetti sociali, soprattutto fra le generazioni più giovani, saranno oggetto di studio negli anni a venire, che ecco riecheggiare nel continente europeo il fragore cupo delle armi. Fantasmi che credevamo ormai appartenere ai libri di storia si sono rianimati riportando indietro le lancette del tempo. Le crude immagini della televisione mostrano dolore, disperazione, distruzione, morte; la parola “pace” appare oggi ancora più attuale di ieri.
Pace: una piccola parola d’incommensurabile grandezza. Il termine pace è una parola semplice, pura, addirittura infantile se riuscissimo ad assaporarne l’innocenza. Paragonata alla vita di ogni giorno potrebbe essere accostata all’atto di respirare oppure a quello di bere da una sorgente limpida e fresca; eppure sono poche le parole che contengono in solo due sillabe un valore intrinseco di una tale complessità che ancora oggi non sembra essere stato svelato del tutto e che, nel tempo, ha indotto fior di studiosi a ragionamenti profondi e complessi senza mai giungere a una verità assoluta. Chi avesse voglia di approfondire l’argomento sulla moltitudine di sfaccettature del termine, potrebbe utilizzare un normale motore di ricerca internet, apparirebbe sulla schermata del PC una lunga fila di link e con stupore apprenderebbe che esistono milioni di pagine web sull’argomento. Ci si renderebbe conto allora che tale parola ha assunto significati diversi in relazione all’epoca storica dove la si colloca. Gli antichi greci avevano il culto della dea Eirene, i romani della dea Pax ma le due divinità sottintendevano concetti di pace diversi, anche se entrambi avevano come fine quello di ottenere uno stato di non belligeranza. Un concetto ben più profondo del termine pace fu espresso dal cristianesimo e che ritroviamo alla radice del mondo occidentale. Fu Sant’ Agostino, in un famoso passo della Città di Dio, a spiegarci come la pace è frutto dell’attività dell’Altissimo. Egli ha creato l’uomo e l’universo con amore, assicurando loro uno stato di ordine che rappresenta la condizione di quiete che non deve essere modificata. Chi modifica tale quiete, inducendo cambiamenti, commette un peccato e altera il volere divino. Un tale comportamento quindi è malevolo e può portare solo sciagure, sia personali sia collettive, ivi compreso la guerra. La pace, che Sant’Agostino identifica con l’ordine, in quanto creata da Dio, è il bene assoluto; ne consegue che la guerra, in antitesi, è il male assoluto. Nel corso del tempo anche il concetto di pace di S. Agostino subì evoluzioni allorché egli stesso dovette ammettere che talvolta la guerra non è il male assoluto, come scrisse poi riferendosi al Sacco di Roma del 410. Il concetto di guerra come male relativo si è poi ampliato includendo nuove condizioni come la guerra d’indipendenza decolonizzazione o la guerra in risposta a una violazione del diritto internazionale che trova legittimazione anche in sedi autorevoli, per esempio l’O.N.U. Ma la pace è un termine che appartiene anche ad altre religioni. Per il pensiero islamico la pace rappresenta un valore assoluto; basta ricordare che il termine islam deriva da silm che significa pace e che nel Corano è scritto che Allah aborrisce tutto ciò che disturba la pace. Certo che la morale nobile delle religioni non sempre è stata rispettata dai credenti, ma tale miopia appartiene tanto ai cristiani (le crociate ne rappresentano un esempio) quanto ai musulmani (vedi le espressioni d’integralismo e violenza dei gruppi estremisti). Una visione nuova del termine pace è fornita da San Francesco quando afferma che “nessuno può pronunciare la parola pace, se questa è assente dalla sua anima”. Egli asseriva che non era possibile vivere in armonia con Dio o con la terra se non si vive nella pace. San Francesco quindi arricchisce il concetto di pace includendovi il perdono poiché è condizione necessaria che gli uomini imparino a perdonare per raggiungere insieme la pace. Affascinante è l’idea di Nicolò Machiavelli quando immagina che, all’interno di uno Stato, la pace può essere raggiunta attraverso la via politica con l’emanazione di buone leggi che possono nascere solamente avendo consapevolezza e rispetto delle attese tanto dei Nobili quanto dei Plebei. La Legge non ci appare quindi come un puro compromesso ma un vero riconoscimento reciproco delle legittime aspettative di ciascuna classe sociale. Negli stessi anni del Machiavelli anche Erasmo da Rotterdam esprimeva concetti sull’argomento. Nel “Lamento” afferma che la pace, pur essendo una condizione indispensabile per la felicità, sembra sia ignorata deliberatamente e gli uomini vadano addirittura in direzione contraria. La pace è per Erasmo da Rotterdam l’origine, la madre, la benefattrice e nutrice della vita, al contrario la guerra è un concentrato di male e sofferenza. Gli uomini che scelgono la guerra non hanno il diritto di chiamarsi uomini poiché sembrano mancare di qualsiasi razionalità. La pace non è presente nell’ordine naturale del creato, ma è uno stato di grazia che deriva da una volontà libera e cosciente dell’uomo. La clessidra gira ed ecco allora come il termine pace si arricchisce ancora con il contributo di un filosofo come Gaetano Filangieri, rappresentante con Verri e Beccaria dell’Illuminismo italiano. Nella seconda metà del 1700 Gaetano Filangieri, napoletano di nascita ma potremmo azzardare a dire salernitano d’adozione (trascorse lunghi periodi a Cava dei Tirreni presso amici), nella sua breve ma feconda esistenza, pose i concetti di solidarietà e tolleranza in comunione con quello di pace. L’intuizione che la pace fra i popoli si può conquistare attraverso il Diritto, anticipa di secoli la nascita di un’Europa unita. Nella sua opera “Scienza della legislazione” egli ci spiega l’importanza dell’agire con rettitudine. Per vivere in tranquillità senza conflitti, senza caste e senza divisioni di sorta non c’è che l’amicizia vera e sincera che è la sublimazione dei concetti di tolleranza, speranza nel prossimo, quindi di pace. Ma corriamo velocemente verso anni più recenti e riflettiamo sul concetto di non violenza di Gandhi quando dice che la pace è una costruzione difficile da ottenere raggiungibile solo praticando la lotta non violenta oppure alla frase” I have a dream “pronunciata da Martin Luther King nel 1963 a Washington al termine di una marcia di protesta per i diritti civili o ancora al monito lanciato da papa Benedetto XVI” se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato”. Quanta strada abbiamo percorso saltando interi secoli di pensiero, omettendo e ignorando grandissimi uomini del passato che avrebbero meritato citazioni e riferimenti che non sarebbero certo sfuggiti a un osservatore più attento. Allora, come si fa in questi casi, chiedo venia al lettore per aver appena tratteggiato il significato del termine pace asserendo a parziale discolpa che arduo era il compito ma soprattutto ricordando a me stesso quanto poco fosse il sapere. In chiusura, delle letture sommarie e frettolose fatte sull’argomento, mi piace sottoporre alla vostra attenzione uno scritto di Giorgio la Pira che riporto tal quale, senza inutili commenti.
“Dite che è un sogno? sia pure.
Ma la vera vita è quella di coloro che
sanno sognare i più alti ideali,
che sanno poi tradurre nella realtà del
tempo le cose intraviste nello splendore
dell’idea”.
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